Renato

Ha stampato il logo di FMS sulla divisa della squadra di calcio femminile, Mimose Turate. Non è un caso e neppure il nome della squadra è casuale: è il nome di un fiore. Questi indizi già potrebbero essere sufficienti a capire chi è Renato Ciuffo. Mamma pugliese, papà istriano, è milanese di prima generazione. Ha 58 anni e una figlia di 27. Oggi vive a Turate, in provincia di Como. Ha cento e uno hobbies e altrettante passioni.

Per esempio?

Amo il giardinaggio e i fiori, tutti, tulipani, ciclamini, edere. E poi amo fare gli alberi di Natale. Alberi grandi, alti due metri e mezzo, con migliaia di lampadine. Ho creato anche un sito su facebook: Christmas tree man

(…ride…)

Come è nata l’amicizia con FMS?

Dobbiamo partire da lontano, partiamo da lontano.

Ero quadro in una azienda di trasporti internazionale, mi occupavo dell’ufficio import-export camionistico, avevo a che fare con autisti di diverse nazionalità, ma parlo inglese e tedesco e dunque era il mio pane, e di organizzazione del lavoro. Così per tutta la vita. Da quando ho iniziato a lavorare, dopo il militare. Per trentatrè anni. Un bel giorno mi sono ammalato, una ricaduta di influenza molto forte, nella primavera del 2012. Ricordo bene una sera che ero rimasto fino a tardi in ufficio, sentivo molto freddo, mi provo la febbre, è a 39, vado a casa quel venerdì sera, a mezzanotte. Prendo una tachipirina per tamponare il malessere, un faidate. Il lunedì chiamo il medico. Mi ausculta e dice: questa non mi sembra influenza. Andiamo al pronto soccorso. Era dieci giorni che non riuscivo neppure a stare sdraiato nel letto. Il medico mi dice: non vorrei che ci sia una polmonite o una pleurite.

Quindi?

Il martedì sto ancora peggio. E un collega mi accompagna all’ospedale di Saronno. Viene via dicendo: Per oggi non lavori, ti sei preso una giornata di vacanza. Ebbene da quel giorno non sono più tornato in ufficio.

Data scolpita nella memoria?

Eccome. Era il 10 aprile 2012. Mi hanno ricoverato a Saronno. Avevo liquido nei polmoni, rimango lì. Iniziano le terapie. Mi avevano visto gonfio in volto, nelle caviglie, nei polpacci e nelle mani. Mi peso e scopro che sono 6-7 chili più del mio peso norma: 62 chili. In sostanza, mi avevano ricoverato per una sospetta pleurite ma presto hanno capito che c’era anche di base una insufficienza renale.

Ed era solo l’inizio?

Ho rimosso tante cose, ma ricordo per esempio che non riuscivo a mangiare, ad ingoiare un solo boccone, c’era qualcosa che mi ostruiva la faringe. I medici capiscono che sono allergico a dei medicinali. La situazione peggiora, divento sordo all’orecchio sinistro, squilla il telefono cellulare e io non sento. Comincio ad allarmarmi. Una settimana dopo il ricovero sono molto in ansia. I medici però davano la priorità ad altri problemi. L’otorino non c’era a Saronno e così prenotiamo una visita. Solo in seguito ho saputo che se si prendeva in 48 ore questa forma di ischemia all’orecchio si poteva curare. Invece ho perso l’udito.

Quando una svolta?

Il 25 aprile, quindici giorni dopo. Mia sorella insiste perché io cambi ospedale. Sono loro, mia mamma e mia sorella a cercare un altro ospedale, risponde Legnano. Mi trasportano lì il giorno del 25 aprile. E capisco che la situazione è grave. Mi mettono in isolamento e decisamente mi spavento. Entra un medico, il dottor Di Toma, chiamato d’urgenza, poi il primario, poi decidono di farmi una tracheotomia. E subito la dialisi. Due volte nello stesso giorno. Finalmente, presenti i miei, mi spiegano che forse c’è un mieloma multiplo in amiloidosi. Una complicanza. Più un virus annidato nei reni, uno dei due non funziona più. Finalmente però c’è una diagnosi.

Quanto tempo è rimasto a Legnano?

Un anno di cure, 101 giorni, incluso poi il ricovero in ematologia a Niguarda. Nell’estate del 2012 mi hanno dimesso da Legnano, perché dovevo fare trapianto midollo a Pavia. Ma era un problema per la famiglia, perciò incontriamo il dottor Montillo e poi il dottor Grillo all’ematologia di Niguarda. Ho seguito sempre i consigli di mia sorella, lei sapeva cosa fare. Ho fatto l’autotrapianto, con tutto quello che comporta, il ricovero, l’azzeramento delle difese immunitarie. Ricordo che un giorno mi hanno telefonato: Ciuffo c’è un posto il 24 dicembre se vuole. Ho risposto: va bene, quest’anno trascorrerò le feste in ospedale. Mi hanno tolto le mie staminali, le hanno preparate per moltiplicarle, erano tantissime. Il doppio di una normale persona. Quando è stato il momento del trapianto, ricordo che mi hanno detto: a lei il doppio. Ce ne ha date tante. E altre finiranno nella banca.

Come ha reagito?

Ho reagito bene, il dottor Grillo ha detto: devi ringraziare te stesso non noi, hai avuto la forza di reagire e l’ottimismo di andare avanti.

Il lavoro?

Quando ero ricoverato a Legnano, nel maggio 2012, venne a trovarmi un collega e mi disse che da due settimane la ditta aveva messo tutti in cassa integrazione, non avevo neppure la forza per reagire, sapevo che era nell’aria. Adesso sono disoccupato, sto prendendo l’assegno di mobilità, ho dovuto scegliere tra mobilità e invalidità. Ora sto cercando lavoro, ho otto anni di lavoro davanti prima della pensione.

Intanto aiuta Ams?

Non sono capace di stare con le mani in mano. Finché ero molto debole ho sempre fatto molte piccole cose, ho sistemato in ordine cronologico le foto negli album, ho messo ordine nelle carte, iniziato a scrivere il libro (“Un angelo a fianco a me”), angeli sono i miei medici”.Le leggo un estratto dal libro: “Dopo un mese di degenza mi dissero che mi avrebbero trasferito in un altra clinica. Quando giunsi in cortile mi fecero salire su un’auto, ma mi bastò quel breve tratto e quel poco tempo all’aperto per cogliere tutti i piaceri che avevo dimenticato. Sentire nuovamente il profumo dell’erba appena tagliata e il sole che mi scaldava la pelle bastarono per farmi piangere dalla felicità.

Le forze sono tornate?

Diciamo di sì, all’85 per cento. Mia madre e mia figlia mi preparano qualche piatto, mi aiutano con i lavori di fatica, a cambiare le tende, passare l’aspirapolvere, alzare il materasso.

E il libro?

Uno dei miei hobby, è un libro autobiografia, racconto solo di questi tre anni. Per dare fiducia a chi avesse la sfortuna di ammalarsi, quando t’ammali devi pensare che le cose passano. Episodi, flash. Molto si dimentica. Faccio qualche consulenza come interprete, partecipo a dei corsi. E poi ho creato una squadra di calcio femminile. L’avevo sempre desiderato. A Turate, poi, manca il calcio femminile.

L’ha creata dal nulla?

A piccoli passi, dall’agenzia entrate al Coni- Figc, ho trovato gli sponsor, i finanziamenti, reclutato le ragazze, fatto stampare locandine e omologare il campo di Turate, le ho iscritte a un campionato. Il calcio femminile sta uscendo. L’allenatore è di Meda.

E lei Ciuffo?

Io sono il presidente.

(…ride…di nuovo)…

Il suo piatto preferito?

…gli spaghetti con i carciofi e le cotolette che prepara mia madre splendidamente; mi piacciono da quand’ero ragazzo.

Il libro preferito?

Sono almeno dodici, tutti libri di storia e di attualità

La città preferita?

Parigi

Il viaggio da fare.

Mosca e New York e senz’altro ci andrò. Non ci si può fermare. Devo portare la mamma alle Canarie. La mia parola d’ordine è ‘azione’.

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