Romina
“Ho una scatola dei ricordi dove custodisco i bigliettini con i pensieri più belli d’amicizia e d’affetto, quelli che non mi sarei mai aspettata di ricevere”. Romina Galimberti è una giovane donna, dinamica, piena di vita e d’interessi. Il tunnel della malattia è, oggi, solo un capitolo della sua vita, che s’è aperto una mattina di diciassette anni fa, prepotente e devastante.
E s’è chiuso dopo un trapianto di midollo, donato da un fratello più giovane ma compatibile come può esserlo solo un “gemello”. Ci parla di una “scatola dei ricordi” che rappresenta un ideale punto di partenza della sua nuova vita: “La malattia m’ha cambiata, perché ho imparato a vedere la vita a trecentossessanta gradi, in tutte le sue sfaccettature, a rompere la rigidità degli schemi, ad accettare il presente a godere di ogni bel momento. E mi ha cambiata, perché ha fatto evaporare persone che credevo amiche e mi ha aperto gli occhi su amici che non credevo d’avere”. La scatola dei ricordi custodisce i loro pensieri, i bigliettini fatti recapitare nei momenti di disperazione, quando la vita era appesa a un filo. E lei, Romina, sembrava così lontana, chiusa in una stanza d’isolamento del settore trapianti. Il tempo smorza i ricordi, cancella le paure, trasforma le emozioni. Ma ci sono piccoli dettagli che possono riportarti indietro nel tempo, come in un flashback. Il ciondolino a forma di geco del Walter, l’infermiere “che quando avevo la mucosite dopo il trapianto veniva da me e mi ordinava pollo con le patate. Mangia, diceva, devi mangiare, finché non mi scendevano le lacrime dagli occhi per il tanto ridere”. E, poi, quel rumore, “uooouooouooo”, dei potenti aspiratori per il ricambio continuo dell’aria nella sezione trapianti. “Ancora oggi non lo sopporto, allora si stava ore e ore in quella stanza d’isolamento da soli e quel rumore t’accompagnava in ogni istante delle giornate che non finivano mai”.
Romina dice di avere due date di nascita: “Sono nata il 24 febbraio del ’67, ma la vera nascita è datata 23 aprile del ’98, il giorno del trapianto”. Dal giorno della sua nuova vita ha deciso di darsi degli obiettivi. “Piccini, come imparare a nuotare, andare a scuola di cucina, giocare a Burraco con la mamma”. E insieme organizzare tornei che aiutano anch’essi l’associazione AMS. Al medico, il dottor Cairoli, che l’aveva seguita nel trapianto di midollo, chiese se poteva prendere un cane una volta tornata a casa. E’ arrivato così Matisse, il primo dei tre, che con Milly e Katy compone un simpatico trio di quattro zampe. Diciassette anni fa, quando da Como la trasferirono nel reparto di Ematologia di Niguarda, Romina avrebbe voluto fuggire. “Il dottor Longhi, appena chiara la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta, mi disse che mi avrebbe affidato ad una persona, la dottoressa Morra, alla quale avrebbe affidato la sua stessa vita. Ma il reparto di allora era un luogo impressionante”. AMS ha contribuito a cambiarlo. Si considera una donna fortunata. “Ho un marito, Antonio, che mi è stato sempre accanto, una famiglia affettuosa, tanti nuovi interessi e, soprattutto, la voglia di aiutare chi sta attraversando la mia stessa esperienza”.
(Copyright F.M.S.)