ATTIVITA’ FISICA NEI PAZIENTI EMATOLOGICI
Il ruolo dell’attività fisica per i pazienti con malattie ematologiche
L’attività fisica rappresenta un intervento non farmacologico sempre più riconosciuto nella gestione delle malattie ematologiche. Integrare il movimento nel percorso terapeutico aiuta a contrastare la fatica cronica, il decondizionamento fisico e le limitazioni funzionali legate alla malattia e ai trattamenti.
Questo articolo esplora l’importanza dell’esercizio fisico nei pazienti ematologici, i tipi di attività consigliate, le precauzioni da adottare e le modalità per allenarsi in sicurezza.

Introduzione
Le malattie ematologiche, come leucemie, linfomi e mielomi, comportano spesso un percorso di cura lungo e complesso, che può includere cicli intensi di chemioterapia, radioterapia e talvolta il trapianto di cellule staminali. Questi trattamenti, seppur fondamentali, incidono profondamente sul benessere psico-fisico del paziente, generando effetti collaterali come affaticamento cronico, perdita di forza muscolare e difficoltà a svolgere anche le più semplici attività quotidiane.
In questo contesto, l’attività fisica si sta affermando come uno strumento prezioso di supporto, capace di favorire il recupero e migliorare significativamente la qualità della vita. 1-3
Perché l’attività fisica è importante per i pazienti ematologici?
Nel corso degli ultimi anni, è emerso con chiarezza come l’attività fisica possa rappresentare un intervento efficace per contrastare molte delle problematiche che accompagnano le malattie del sangue. Spesso i pazienti tendono a ridurre i movimenti per paura di aggravare la loro condizione, ma questo atteggiamento, se protratto, può favorire un progressivo decondizionamento fisico.
La sedentarietà, infatti, accentua la perdita di massa muscolare, peggiora la resistenza fisica e riduce la capacità funzionale complessiva, contribuendo ad alimentare un circolo vizioso fatto di stanchezza, inattività e ulteriore peggioramento dello stato di salute.
Al contrario, l’introduzione graduale e personalizzata dell’attività fisica nel percorso terapeutico può avere un impatto positivo non solo sul corpo, ma anche sulla mente. 1-3
È stato dimostrato che il movimento:
- aiuta a migliorare il tono dell’umore,
- riduce l’ansia,
- promuove una maggiore percezione di benessere e autonomia personale.
Per molti pazienti, l’esercizio diventa anche un modo per riprendere il controllo sulla propria vita, spesso stravolta dalla malattia. 3-5
Quali sono gli esercizi maggiormente consigliati?
L’attività fisica raccomandata per i pazienti con patologie ematologiche non segue un modello unico, ma si basa sull’integrazione di diversi tipi di esercizi, adattati alle condizioni cliniche e alle preferenze individuali. Solitamente, si consiglia di combinare esercizi aerobici, come la camminata o la cyclette, con esercizi di resistenza leggera, ad esempio con pesi moderati o bande elastiche. Questi ultimi sono particolarmente utili per preservare la forza muscolare e l’equilibrio, riducendo così il rischio di cadute e migliorando l’autonomia nelle attività quotidiane. 3,4,6
In molti casi, un programma strutturato può includere anche esercizi per la flessibilità, l’equilibrio e la respirazione, con l’obiettivo di sostenere una ripresa globale.
La frequenza, la durata e l’intensità degli esercizi devono essere definite in base allo stato fisico del paziente e al tipo di trattamento in corso. Durante la terapia attiva, ad esempio, è possibile che il paziente sia più affaticato o presenti effetti collaterali che richiedono un approccio più delicato. Dopo il trattamento, invece, l’attenzione si concentra sul recupero funzionale e sulla prevenzione delle ricadute. 3,4,6
Un aspetto importante è anche la personalizzazione del contesto: alcuni pazienti preferiscono allenarsi da soli, magari a casa o in ambienti all’aperto, mentre altri traggono beneficio dall’attività in piccoli gruppi o in presenza di un professionista. L’adattabilità e il rispetto delle preferenze personali sono elementi chiave per garantire l’adesione al programma nel lungo termine. 6
Ci sono controindicazioni all’attività fisica?
Pur essendo sicura nella maggior parte dei casi, l’attività fisica nei pazienti ematologici richiede alcune attenzioni particolari.
Le condizioni cliniche tipiche di queste patologie, come l’anemia, la fragilità ossea o l’abbassamento delle difese immunitarie, possono comportare dei rischi se non si adotta un approccio cauto e ben monitorato. È dunque fondamentale che ogni programma di esercizio venga definito da figure qualificate, come fisioterapisti o specialisti in esercizio oncologico, che conoscano le specificità della malattia e dei trattamenti ricevuti dal paziente.
In alcuni momenti del percorso terapeutico, l’esercizio fisico può essere limitato o modificato: ad esempio, in caso di abbassamento significativo delle piastrine o dei globuli bianchi, oppure in presenza di effetti collaterali come vertigini, dolori muscolari o affaticamento estremo. In questi casi, l’attività va adattata con estrema cautela, privilegiando movimenti dolci, esercizi da seduti o brevi sessioni a bassa intensità, sempre sotto supervisione. Inoltre, è utile valutare regolarmente parametri come la frequenza cardiaca, la pressione e la saturazione dell’ossigeno, per garantire la sicurezza del paziente in ogni fase del programma. 3,5
Conclusioni
L’attività fisica rappresenta un alleato prezioso per i pazienti con malattie ematologiche, non solo come strumento di prevenzione delle complicanze legate all’inattività, ma anche come mezzo per favorire il benessere psicologico e migliorare la qualità della vita. Quando integrata in un percorso multidisciplinare e adattata alle esigenze individuali, essa può contribuire in modo significativo al recupero funzionale e all’autonomia del paziente.
È importante che medici, infermieri e riabilitatori promuovano una cultura del movimento anche in ambito oncologico-ematologico, offrendo ai pazienti informazioni chiare e supporto pratico per avviare e mantenere uno stile di vita attivo. In questo modo, l’attività fisica può diventare una parte integrante e fondamentale del percorso di cura.
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