BENESSERE PSICOFISICO PER IL PERCORSO DI MALATTIA

Prendersi cura oltre la cura: il benessere psicofisico nel percorso delle malattie ematologiche

Affrontare una malattia ematologica significa vivere un’esperienza totalizzante, che coinvolge non solo il corpo, ma anche la mente, le emozioni e le relazioni. In questo percorso, il benessere psicofisico non rappresenta un obiettivo secondario, ma una condizione fondamentale per affrontare la malattia con maggiore forza e consapevolezza.

Il peso emotivo della diagnosi e dei trattamenti

Il momento della diagnosi segna spesso l’inizio di un impatto psicologico profondo. Il paziente si trova a dover elaborare una realtà sconosciuta, con trattamenti invasivi e scenari futuri incerti. Le persone con malattie ematologiche manifestano comunemente sintomi di ansia, depressione e stress acuto, condizioni che si accompagnano a una minore qualità della vita.1

L’esperienza della malattia può comportare perdita di autonomia, cambiamento di ruolo sociale, distacco dal lavoro, isolamento e un senso di disconnessione dalla propria identità. La gestione delle emozioni diventa quindi una componente molto importante, non solo per sopportare la malattia, ma per mantenere un senso di sé e un orientamento positivo nel tempo.1,2

Emozioni e relazioni come risorse terapeutiche

Le emozioni non rappresentano un ostacolo alla cura, bensì un elemento centrale del processo di adattamento. L’integrazione delle dimensioni affettive nel percorso terapeutico consente al paziente di sentirsi riconosciuto, accolto e sostenuto. La relazione con il personale sanitario, se empatica e non ridotta alla sola informazione più tecnica, può attivare un senso di fiducia e di accoglienza anche dell’aspetto emotivo.2

Analogamente, la vicinanza delle persone care e il mantenimento di legami sociali attivi rappresentano fattori protettivi rispetto al disagio psichico. Non si tratta solo di “stare accanto”, ma di condividere, comprendere, partecipare emotivamente all’esperienza, anche nelle sue fragilità.

Il caregiver: risorsa vitale, ma vulnerabile

Il caregiver, solitamente un familiare, è una figura centrale nella cura. Svolge compiti di supporto pratico, gestionale, emotivo e talvolta sanitario. Tuttavia, questo ruolo può generare sintomi di stress, insonnia, tristezza, senso di colpa e isolamento.

È stato dimostrato che percorsi di supporto psicologico rivolti ai caregiver, anche brevi, possono migliorare la loro qualità della vita, ridurre ansia e depressione e rafforzare le capacità di coping.3 Un caregiver ben supportato è un caregiver più presente, equilibrato e capace di accompagnare il paziente per tutto il periodo di cura.

Strategie di adattamento: il ruolo del coping

Il modo in cui una persona reagisce alla malattia, il cosiddetto stile di coping, ha un impatto diretto sul benessere psicologico. Le strategie orientate all’approccio, come l’accettazione, il problem solving, la ricerca di supporto e la riformulazione positiva, sono associate a minori livelli di stress e depressione e a una migliore qualità di vita. Al contrario, il coping evitante, basato su negazione, ritiro e rassegnazione, è collegato a un peggioramento dell’umore e della motivazione.4

È quindi essenziale che i pazienti vengano aiutati a sviluppare consapevolezza rispetto al proprio stile di reazione, imparando ad adottare risposte più adattive e funzionali.

I possibili interventi psicologici

Le evidenze scientifiche confermano che gli interventi psicologici specifici per i pazienti ematologici sono efficaci nel ridurre la sofferenza emotiva e migliorare la qualità della vita. I più utilizzati includono:5,6

  • Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): aiuta a riconoscere e modificare pensieri disfunzionali;
  • mindfulness e pratiche di consapevolezza: favoriscono la regolazione dell’ansia e del dolore psichico;
  • acceptance and Commitment Therapy (ACT): insegna ad accettare la sofferenza e agire secondo i propri valori;
  • psicoeducazione: fornisce strumenti concreti per comprendere la malattia e affrontarne le sfide emotive.

Questi approcci possono essere proposti individualmente o in gruppo, anche in modalità telematica, rendendo il supporto psicologico accessibile anche a chi è costretto a lunghe degenze o vive lontano dal centro di cura.

Un approccio integrato: corpo, mente e relazioni

I percorsi di cura più efficaci sono quelli che integrano interventi su più livelli: fisico, psicologico, nutrizionale e relazionale. Programmi strutturati, che combinano educazione alimentare, attività motoria e counseling psicosociale, si sono dimostrati efficaci nel migliorare la qualità della vita e ridurre la percezione di isolamento, soprattutto nei giovani adulti sopravvissuti a tumori ematologici.7

La personalizzazione dell’intervento e la valutazione dei bisogni reali del paziente consentono di costruire percorsi di supporto su misura, capaci di accompagnare la persona anche oltre la fase acuta della malattia.

L’ambiente e l’umanizzazione della cura

Anche il luogo in cui ci si cura ha un impatto importante. L’evidence-based design ha dimostrato che elementi come la luce naturale, i colori caldi, la presenza di natura o arte nei reparti ospedalieri contribuiscono a ridurre il livello di stress e migliorano il recupero psicologico.8

L’umanizzazione degli spazi e dei servizi (es. sale colloqui, zone di riposo, ambienti per caregiver) non è un vezzo architettonico, ma parte integrante del processo terapeutico.

Conclusione

Il benessere psicofisico del paziente ematologico e del suo caregiver è una componente essenziale della cura. Non si tratta di un “di più” rispetto al trattamento farmacologico, ma di una condizione che ne potenzia gli effetti, favorisce l’aderenza terapeutica e migliora la qualità della vita.

Investire nel supporto psicologico, nella formazione del personale, nell’umanizzazione dell’ambiente e nell’accompagnamento dei caregiver significa praticare una medicina più efficace e più vicina alle persone.

con il contributo incondizionato di Otsuka

Fonti

  1. Papathanasiou IV, Kelepouris K, Valari C, Papagiannis D, Tzavella F, et al. Depression, anxiety and stress among patients with hematological malignancies and the association with quality of life: a cross-sectional study. Med Pharm Rep. 2020 Jan;93(1):62-68. doi: 10.15386/mpr-1502.
  2. Gigli F. La cura del paziente oncoematologico – Relazioni ed emozioni tra medicina e psicologia”, Carocci editore.
  3. El-Jawahri A, Jacobs JM, Nelson AM, Traeger L, Greer JA, et al. Multimodal psychosocial intervention for family caregivers of patients undergoing hematopoietic stem cell transplantation: A randomized clinical trial. 2020 Apr 15;126(8):1758-1765. doi: 10.1002/cncr.32680.
  4. Newcomb R, Amonoo HL, Nelson AM, Choe J, Holmbeck K, Nabily A, Lee SJ, LeBlanc TW, El-Jawahri A. Coping in patients with hematologic malignancies undergoing hematopoietic cell transplantation. Blood Adv. 2024 Mar 26;8(6):1369-1378. doi: 10.1182/bloodadvances.2023011081.
  5. Ranasingha N. The Role of Psychological Interventions for Patients with Hematologic Malignancies. 2024, Journal of Clinical Research and Case Studies. DOI:10.61440/JCRCS.2024.v2.42.
  6. Anghel, T.; Melania, B.L.; Costea, I.; Albai, O.; Marinca, A.; Levai, C.M.; Hogea, L.M. Review of Psychological Interventions in Oncology: Current Trends and Future Directions. Medicina 2025, 61, 279. https://doi.org/10.3390/medicina61020279.
  7. von Grundherr J, Elmers S, Koch B, Hail LA, Mann J, et al. A Multimodal Lifestyle Psychosocial Survivorship Program in Young Cancer Survivors: The CARE for CAYA Program-A Randomized Clinical Trial Embedded in a Longitudinal Cohort Study. JAMA Netw Open. 2024 Mar 4;7(3):e242375. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2024.2375.
  8. Montacchini E, Tedesco S. Indagini sul campo per l’umanizzazione di strutture ospedaliere: strumenti e casi studio. ISSN online: 2239-0243. DOI: 10.13128/Techne-16123.

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