Laboratorio di ricerca di Ematologia

Assomiglia a una pen drive per i computer. Un pochino più larga. Al centro, un quadrato traslucido tipo negativo fotografico. In questo quadrato c’è una matrice nella quale sono state applicate microscopiche sonde di DNA dei 20 mila geni umani noti ad oggi. É un microarray per studiare l’espressione genica.

Adoperando questo microarray si analizza la possibile interazione del DNA di pazienti affetti da un tumore del sangue con delle sonde marcate di DNA presenti nella matrice stessa, in modo da determinare se alcuni geni siano sovra espressi o sotto espressi rispetto ad altri soggetti nella stessa condizione patologica e rispetto a dei soggetti sani. L’espressione genica indica come si comporta un gene nell’ambito di uno o più specifici meccanismi cellulari (pathways).

La complessità dei dati restituiti dalla tecnologia viene analizzata in prima istanza da un ingegnere bioinformatico in grado di decodificare una mole enorme di dati che vengono tradotti in informazioni genetiche elaborate dal genetista. I geni differentemente espressi vengono analizzati per identificare quali sono le strategie biomolecolari che le cellule tumorali utilizzano per sopravvivere e riprodursi.

Si tratta di un approccio di medicina personalizzata, su misura. Ogni paziente, per esempio risponde in modo differente allo stesso farmaco. E la cura che va bene per un ammalato, può andare meno bene per un altro.

La maggior parte del lavoro del Laboratorio di ricerca di Ematologia dell’Ospedale Niguarda si basa proprio sullo studio dell’espressione genica e dei pathways mediante la tecnologia microarray.

È questo l’approccio scientifico che è stato sviluppato del professor Roberto Cairoli, direttore della Struttura complessa di Ematologia dell’ospedale Niguarda, che, con grande lungimiranza, alla clinica ha voluto aggiungere la ricerca biologica e genetica, un valore aggiunto di enorme importanza. Un approccio vincente nella cura dei vari tumori ematologici.

Questo laboratorio – personale, tecnologie, reagenti e spese di gestione – è finanziato completamente dalla Fondazione Malattie del sangue ETS ed è l’unico laboratorio di ricerca traslazionale attivo nell’Ospedale Niguarda.

Responsabile del Laboratorio di ricerca di Ematologia e dei progetti di genetica molecolare e biologia di malattie ematologiche è la dottoressa Alessandra Trojani, biologa specialista in genetica medica, con una grandissima passione per la ricerca. Accanto a lei lavorano altri due biologi Luca Emanuele Bossi e Cassandra Palumbo, tutti e tre con un rapporto di lavoro libero professionale.

“I tumori, sia solidi sia del sangue, per più del 90% hanno cause genetiche – spiega la dottoressa Trojani -. Ed è per questo che è nato il nostro laboratorio di ricerca genetica. Di solito la ricerca si fa negli istituti a carattere scientifico non negli ospedali dove, nella stragrande maggioranza dei casi, i biologi o i genetisti si occupano di diagnostica. Abbiamo la fortuna di lavorare in un ospedale dove sono curati tanti pazienti con molti trattamenti, tutti all’avanguardia, con numerosi studi clinici. Fare ricerca traslazionale, dal letto del paziente al laboratorio, è un approccio davvero interessante. L’obiettivo della ricerca traslazionale è offrire indicazioni utili per individuare e silenziare i meccanismi biologici che permettono alle cellule tumorali di sopravvivere e moltiplicarsi.
Disegnare nuovi farmaci è il fine ultimo per migliorare la prognosi e la qualità di vita un paziente affetto da una malattia ematologica.
Nell’ambito dei pazienti con la stessa diagnosi, le alterazioni genetiche spesso sono diverse: la malattia è la stessa ma le cause intrinseche della malattia cambiano. Noi ci occupiamo di analisi di trascrittomica che è l’analisi di espressione dei geni che cooperano tra di loro e si muovono all’interno di pathways che hanno una specifica funzione in ciascuna cellula. Non guardiamo direttamente le mutazioni nel DNA ma ci focalizziamo sull’RNA, la molecola che viene sintetizzata a partire dal DNA”.

Questa diagnosi a livello molecolare è molto importante. L’obiettivo è di offrire più informazioni ai clinici che riguardano tutti i meccanismi biomolecolari della malattia fornendo delle ipotesi su cui elaborare nuove terapie spesso combinate.

Il Laboratorio diretto dalla dottoressa Trojani ha una collaborazione molto importante, che dura da quattordici anni, con il Dana-Farber Cancer Institute di Boston, uno dei più avanzati istituti di ricerca statunitensi – per lo studio della Macroglobulinemia di Waldenström, una rara forma di tumore caratterizzata dalla proliferazione incontrollata dei linfociti B del sistema immunitario, che in seguito a mutazioni danno origine a cloni cellulari secernenti una quantità elevata di Immunoglobulina M.
L’istituto americano è il centro riferimento mondiale per questa patologia, mentre il centro di Niguarda lo è a livello italiano.

Da menzionare anche i rapporti con la REL (Rete Ematologica Lombarda). Nell’ambito della REL, è stato effettuato uno studio sulla leucemia mieloide cronica di concerto con altri diciassette centri lombardi.

Il Laboratorio di ricerca in Ematologia, inoltre, lavora con altre realtà in Lombardia, Sicilia e Puglia. I risultati delle gli studi spesso frutto di collaborazioni con altri centri vengono pubblicati.

“I pazienti idonei, dietro il loro consenso, vengono arruolati nei trial clinici proposti dagli ematologi con possibilità di essere trattati con farmaci sperimentali. Questo complesso lavoro è reso possibile grazie ad una fitta rete di interazioni tra diverse figure in cui rientra anche la CTU (Clinical Trial Unit dell’Ematologia) – spiega Luca Emanuele Bossi -. Presso l’ematologia sono attivi una grande percentuale di studi di fase 1 che sono quelli più innovativi e che utilizzano farmaci di ultima generazione. Seguiamo tutti i trials clinici di Ematologia. Ci occupiamo prevalentemente della parte di processamento dei campioni biologici che verranno successivamente inviati in altri centri di analisi specifici per ogni studio clinico. Seguiamo una media di un centinaio di pazienti all’anno”.

Sono quattro i principali progetti dei quali si occupa il Laboratorio di ricerca in stretta collaborazione con il professor Alessandro Beghini dell’Università di Milano.

  1. Macrobulinemia di Waldenström. I ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston hanno trovato le prime mutazioni chiave di questa patologia e hanno disegnato le prime terapie. Il centro di Niguarda sta collaborando con loro per un confronto sui risultati delle analisi su casistiche di pazienti diverse.
  2. Leucemia linfatica cronica. Si sta studiando una possibile correlazione genetica tra digiuno prolungato o intermittente con una dieta varia in pazienti con questa patologia.
  3. Leucemia mieloide cronica. Il laboratorio di ricerca si sta anche occupando di uno studio di trascrittomica di ottanta pazienti affetti da questo tumore. Il confronto di espressione genica tra le cellule staminali al momento della diagnosi rispetto a dodici mesi di trattamento con un farmaco rispetto a quelle di pazienti normali, ha evidenziato alcuni pathways che si modificano per effetto della terapia. Si tratta di un progetto della Rete Ematologica Lombarda, sviluppato grazie all’opera del professor Roberto Cairoli e della dottoressa Maria Ester Pungolino.
  4. Mieloma multiplo. Quest’ultimo è il progetto più recente che si basa su studi di trascrittomica di pazienti affetti da questa malattia.

Articolo di Mauro Tosi

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