Alessandra

2024-03-06T08:26:01+01:0028 Novembre 2016|

Alessandra

49 anni, architetto d’interni, Alessandra in un non lontano passato, è stata una paziente della Ematologia di Niguarda. La malattia è arrivata nella sua vita come un lampo a ciel sereno. Una autentica «pugnalata alla schiena», racconta, e non in senso metaforico. È passato del tempo prima di accettarla, ma quando l’ha fatto, Alessadra le ha dichiarato una guerra senza esclusione di colpi.
E l’ha vinta.

Milanese, studi al liceo artistico e poi al Politecnico, idee chiare sul voler diventare architetto sin da bambina, Alessandra inizia a lavorare giovanissima e nel ’96 entra nella società CMR di architettura e ingegneria. «Lì ho conosciuto il mio futuro marito, un ingegnere gestionale, e gente straordinaria che quando mi sono ammalata è stata capace di starmi vicina».
La malattia si può vincere ma i ricordi sembrano destinati a fissarsi in modo indelebile nei file più accessibili della nostra memoria. «Ricordo ogni giorno, ora, istante di quei diciotto mesi, racconta Alessandra.
Una mattina di primavera, era il 20 marzo 2001, mi preparo per andare in ufficio, esco dalla doccia e sento una pugnalata alla schiena, un dolore assurdo che si irradia al braccio sinistro. Non vado al pronto soccorso, stavo vivendo un momento di stress, la mamma doveva operarsi alla schiena, ero sovraccarica di lavoro. Chiamo un amico chirurgo. E lui dopo avermi visitata mi spedisce in ospedale a Bollate. Non sono più tornata a casa per diciotto mesi, un anno e mezzo di trincea».
Prima gli accertamenti, poi il trasferimento a Sondalo per una biopsia toracica. Dove un grande Pneumologo, Giorgio Besozzi, capisce con che nemico si deve combattere e da lì di corsa in ematologia a Niguarda. Il 2 aprile 2001.
«Nessuno aveva avuto il coraggio di dirmi cos’avevo in corpo, un linfoma non hodgkin aggressivo al mediastino, in fase avanzata. Avevo un pallone di

Valentina

2023-03-30T10:35:12+01:0028 Settembre 2016|

Valentina

Valentina ha 42 anni, un marito che la adora (ricambiato), due meravigliose bimbe gemelle di sei anni.
Oggi vive sul lago Maggiore, lavora come insegnante di lettere in una scuola media. Ama viaggiare, legge «tantissimo e di tutto, anche in inglese, per non perdere la conoscenza della lingua». A raccontarla così sembra un quadretto da Mulino bianco.
L’oggi è la rappresentazione del coraggio di Valentina e di chi le è stato accanto in anni di dura lotta con una malattia ostinata e invasiva.
Il nastro si riavvolge e torna al 2002. Quattordici anni fa. «Mi occupavo di marketing al Corriere della Sera…donna di belle speranze — dice Valentina, sorridendo —. Convivevo da poco con Stefano, mio marito. Stavo bene, apparentemente. Un giorno tornando dal mare, a fine luglio, è lui a dirmi che mi vede un po’ pallida.

Ma non ci faccio troppo caso, poteva essere stato un colpo di sole. Stefano però non si sente sereno. Tutte le sere mi saliva una febbriciattola, puntuale, alle 18.30, ero un po’ dimagrita. Però abbronzata sembravo l’immagine della salute». Una immagine che tornerà come un mantra.
Il pensiero di quella febbre diventa una costante, ogni giorno «era diventata una rincorsa, andavo in infermeria a misurarla, niente in pausa pranzo e poi la sera eccola lì», continua Valentina. Finché il medico curante non prescrive una batteria di esami.
«Ricordo bene il giorno in cui Stefano decise di accompagnarmi a farli. Era agosto, a Ispra sul lago Maggiore, dove oggi vivo ma allora venivamo solo per trascorrere qualche giorno di vacanza o nei fine settimana, pioveva. L’incubo è cominciato quando li ho ritirati. Il 6 agosto il medico li ha visti e ha detto: serve un ematologo, urgente».

Valentina si reca al Fatebenefratelli, comodo, poco distante dal suo ufficio.
«Altra scena indimenticabile. Giornata caldissima, al pronto soccorso – deserto

Romina

2023-03-30T10:42:15+01:0015 Agosto 2016|

Romina

“Ho una scatola dei ricordi dove custodisco i bigliettini con i pensieri più belli d’amicizia e d’affetto, quelli che non mi sarei mai aspettata di ricevere”.  Romina Galimberti è una giovane donna, dinamica, piena di vita e d’interessi. Il tunnel della malattia è, oggi, solo un capitolo della sua vita, che s’è aperto una mattina di diciassette anni fa, prepotente e devastante.

E s’è chiuso dopo un trapianto di midollo, donato da un fratello più giovane ma compatibile come può esserlo solo un “gemello”. Ci parla di una “scatola dei ri­cordi” che rappresenta un ideale punto di partenza della sua nuova vita: “La malattia m’ha cambiata, perché ho imparato a vedere la vita a trecentossessanta gradi, in tutte le sue sfaccettature, a rompere la rigidità degli schemi, ad accettare il presente a godere di ogni bel momento. E mi ha cambiata, perché ha fatto evaporare persone che credevo amiche e mi ha aperto gli occhi su amici che non credevo d’avere”. La scatola dei ricordi custodisce i loro pensieri, i bigliettini fatti recapitare nei momenti di disperazione, quando la vita era appesa a un filo. E lei, Romina, sembrava così lontana, chiusa in una stanza d’isolamento del settore trapianti. Il tempo smorza i ricordi, cancella le paure, trasforma le emozioni. Ma ci sono piccoli dettagli che possono riportarti indietro nel tempo, come in un flashback. Il ciondolino a forma di geco del Walter, l’infermiere “che quando avevo la mucosite dopo il trapianto veniva da me e mi ordinava pollo con le patate. Mangia, diceva, devi mangiare, finché non mi scendevano le lacrime dagli occhi per il tanto ridere”. E, poi, quel rumore, “uooouooouooo”, dei potenti aspiratori per il ricambio continuo dell’aria nella sezione trapianti. “Ancora oggi non lo sopporto, allora si stava ore e ore in quella stanza

Andrea

2023-03-30T10:46:14+01:0028 Novembre 2015|

Andrea

“Sono ottimista oggi e lo ero allora. Una ricetta per la vita è avere lo spirito giusto, ti aiuta sempre. Essere combattivi per superare gli ostacoli”

La ricetta della crème caramel di Andrea rimarrà un segreto. Ma non è escluso che a renderla speciale sia il fatto che la cottura avviene in pentola a pressione. Andrea Capelli oggi ha 32 anni. Quando si ammalò era appena adolescente. Un quindicenne pieno di energia, bravo a scuola e nello sport, musicista nella banda della sua città, preso da mille hobby e interessi. Il suo racconto di quei giorni sicuramente drammatici è quello di un viaggio appena un po’ complicato e con qualche incognita. “Sono ottimista oggi e lo ero allora. Una ricetta per la vita è avere lo spirito giusto, ti aiuta sempre. Essere combattivi per superare gli ostacoli”, si giustifica il protagonista di questa nuova puntata di Bella Storia che vi raccontiamo partendo dalla fine.

“Ho capito che uscivo dal tunnel quando ho sentito la parola cibo. Quando sono tornato a casa dopo il trapianto di midollo la prima cosa che ho fatto è stato mangiare la pizza. Un’altra cosa fantastica era la crème caramel, fatta in pentola a pressione. Perché nel primo periodo dopo il trapianto anche il cibo va sterilizzato. Prima c’era stato un lungo periodo di digiuno assoluto”.

Non sta fermo un attimo oggi come a quindici anni Andrea. lavora nell’ufficio marketing di una azienda elettronica di accessori per auto e moto. “Suono il clarinetto e i piatti nella banda di Abbiategrasso, la mia città. Viaggio, amo gli sport, dalla canoa al surf, ma anche correre”.

La storia della malattia inizia quando ha 15 anni. “Si presentò come leucemia mieloide cronica. Andavo al liceo scientifico, suonavo, facevo sport. Un giorno cominciai ad accusare un dolore anomalo al braccio. Si

Renato

2024-03-06T09:02:13+01:0028 Dicembre 2014|

Renato

Ha stampato il logo di FMS sulla divisa della squadra di calcio femminile, Mimose Turate. Non è un caso e neppure il nome della squadra è casuale: è il nome di un fiore. Questi indizi già potrebbero essere sufficienti a capire chi è Renato Ciuffo. Mamma pugliese, papà istriano, è milanese di prima generazione. Ha 58 anni e una figlia di 27. Oggi vive a Turate, in provincia di Como. Ha cento e uno hobbies e altrettante passioni.

Per esempio?

Amo il giardinaggio e i fiori, tutti, tulipani, ciclamini, edere. E poi amo fare gli alberi di Natale. Alberi grandi, alti due metri e mezzo, con migliaia di lampadine. Ho creato anche un sito su facebook: Christmas tree man

(…ride…)

Come è nata l’amicizia con FMS?

Dobbiamo partire da lontano, partiamo da lontano.

Ero quadro in una azienda di trasporti internazionale, mi occupavo dell’ufficio import-export camionistico, avevo a che fare con autisti di diverse nazionalità, ma parlo inglese e tedesco e dunque era il mio pane, e di organizzazione del lavoro. Così per tutta la vita. Da quando ho iniziato a lavorare, dopo il militare. Per trentatrè anni. Un bel giorno mi sono ammalato, una ricaduta di influenza molto forte, nella primavera del 2012. Ricordo bene una sera che ero rimasto fino a tardi in ufficio, sentivo molto freddo, mi provo la febbre, è a 39, vado a casa quel venerdì sera, a mezzanotte. Prendo una tachipirina per tamponare il malessere, un faidate. Il lunedì chiamo il medico. Mi ausculta e dice: questa non mi sembra influenza. Andiamo al pronto soccorso. Era dieci giorni che non riuscivo neppure a stare sdraiato nel letto. Il medico mi dice: non vorrei che ci sia una polmonite o una pleurite.

Quindi?

Il martedì sto ancora peggio. E un collega mi accompagna all’ospedale di Saronno. Viene via dicendo: Per

Marco

2024-03-06T08:28:05+01:0028 Aprile 2014|

Marco , 45 anni, di San Colombano al Lambro, una moglie e un figlio quindicenne, di professione elettricista, si racconta, partendo dalla fine di una battaglia con la malattia che è durata quattro anni. In trincea non è mai stato solo.

Eliana

2023-05-08T13:45:12+01:0028 Febbraio 2014|

Un’insegnante, il sogno che si realizza nonostante un “Se tu fossi stata incinta, ti avremmo aiutata per le assenze. Ma il linfoma per noi non è una malattia, puoi anche fingere di essere malata”.

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