Alessandra
Alessandra
49 anni, architetto d’interni, Alessandra in un non lontano passato, è stata una paziente della Ematologia di Niguarda. La malattia è arrivata nella sua vita come un lampo a ciel sereno. Una autentica «pugnalata alla schiena», racconta, e non in senso metaforico. È passato del tempo prima di accettarla, ma quando l’ha fatto, Alessadra le ha dichiarato una guerra senza esclusione di colpi.
E l’ha vinta.
Milanese, studi al liceo artistico e poi al Politecnico, idee chiare sul voler diventare architetto sin da bambina, Alessandra inizia a lavorare giovanissima e nel ’96 entra nella società CMR di architettura e ingegneria. «Lì ho conosciuto il mio futuro marito, un ingegnere gestionale, e gente straordinaria che quando mi sono ammalata è stata capace di starmi vicina».
La malattia si può vincere ma i ricordi sembrano destinati a fissarsi in modo indelebile nei file più accessibili della nostra memoria. «Ricordo ogni giorno, ora, istante di quei diciotto mesi, racconta Alessandra.
Una mattina di primavera, era il 20 marzo 2001, mi preparo per andare in ufficio, esco dalla doccia e sento una pugnalata alla schiena, un dolore assurdo che si irradia al braccio sinistro. Non vado al pronto soccorso, stavo vivendo un momento di stress, la mamma doveva operarsi alla schiena, ero sovraccarica di lavoro. Chiamo un amico chirurgo. E lui dopo avermi visitata mi spedisce in ospedale a Bollate. Non sono più tornata a casa per diciotto mesi, un anno e mezzo di trincea».
Prima gli accertamenti, poi il trasferimento a Sondalo per una biopsia toracica. Dove un grande Pneumologo, Giorgio Besozzi, capisce con che nemico si deve combattere e da lì di corsa in ematologia a Niguarda. Il 2 aprile 2001.
«Nessuno aveva avuto il coraggio di dirmi cos’avevo in corpo, un linfoma non hodgkin aggressivo al mediastino, in fase avanzata. Avevo un pallone di